In occasione dell’imminente 8 Marzo, Festa della Donna, questo articolo è dedicato al tema della partecipazione delle donne alla rivoluzione digitale, evento che segna una rapida accelerazione della trasformazione delle nostre società.
Gli effetti risultano tangibili e investono dinamiche culturali, politiche, di costume e tocca profondamente l’ambiente lavorativo trasformandolo e aprendo l’opportunità di ingenti fonti occupazionali, data la richiesta che questo settore ormai strategico per l'economia mette in campo.
Tra nuove occasioni e antichi stereotipi, venti di cambiamento e sedimenti culturali, politiche emancipative e dinamiche obsolete, sarà interessante analizzare il ruolo delle donne in questo processo in forte accelerazione e in quale misura l’agente femminile possa apportare un valore aggiunto alla produzione dell’innovazione e della crescita.
Abbiamo detto partecipazione, un valore decisivo per poter colmare il gender gap, attestato da diversi studi, che continua a rappresentare un elemento decisivo per il mancato riconoscimento di libertà e uguaglianza sanciti come principi fondanti ogni individuo e volti alla creazione di società plurali.
Proprio recenti studi e test sulla intelligenza artificiale e machine learning mostrano come l’esclusione e la discriminazione di gruppi umani, caratterizzati da una etnia o da un genere che si distanzia da un prototipo di individuo bianco maschile assunto a valore universale di riferimento - come accade ancora in parte nelle nostre società - dia origine a bias cognitivi nel corretto funzionamento degli algoritmi che si dimostrano incapaci, ad esempio nel riconoscimento facciale, di riconoscere, il volto di un uomo nero come appartenente alla specie umana.
Questo fatto è significativo e sintomatico poiché ci comprova di come nella produzione delle nuove tecnologie, anche ai più alti livelli di conoscenze informatiche e scientifiche, si incorra nel millenario errore, ereditato ora dalle nuove intelligenze artificiali, di discriminazione poiché l’esperienza e la caratterizzazione del mascolino bianco continuano ad assurgere a unico parametro entro cui si sviluppano i modelli e le regole di apprendimento.
E’ attraverso la lente di questa immagine costruita culturalmente sopra detta, che, sebbene sia stata messa in discussione dagli studi di genere, agisce ancora nelle nuove opportunità e chance che mette in campo la rivoluzione digitale e l’ambiente ICT (Information and Communication Technology). Nelle dinamiche di organizzazione lavorativa, nel campo dell’istruzione e dell’educazione, dagli Usa all’Europa, l’Italia in particolare, si assiste a un marcato gender gap tra i sessi.
Secondo una rivelazione del European Institute for Gender Equality (EIGE) tra gli 8 milioni di occupati nel settore ICT, solo una minoranza del 17% è donna.
Il quadro, sebbene la rivoluzione digitale offra scenari di flessibilità lavorativa e competenze inedite nella storia del mercato del lavoro, da un lato, ripropone, dall’altro, alcune dinamiche e alcuni problemi di lunga data che si affacciano per le donne all’accesso a occupare posizioni di alto profilo, anche quando superiori in competenza. Tutto ciò, nonostante numerose analisi prospettino che attraverso l’aumento delle percentuali di occupazione delle donne in questi settori si avrebbe un aumento significativo del Pil.
La politica prova ad affrontare questo gap mettendo in atto misure volte a colmare il sussistere di questo divario e l’istruzione e l’educazione, da parte loro sensibili a questo problema, hanno cominciato a muovere azioni volte a orientare le ragazze verso orizzonti scientifici per le future scelte universitarie. E’ noto, infatti, soprattutto in Europa e nel nostro paese, la dicotomia stereotipata, secondo cui le ragazze siano “portate” verso studi umanistici e i ragazzi per le conoscenze scientifiche, che le ragazze manchino di abilità nelle competenze tecnologiche. Questa abitudine mentale si riflette ancora nelle aspirazioni delle nuove generazioni, in particolare nell'ambito dell'ICT. In una interessante analisi svolta dall'EIGE, di cui sotto sono riportate alcuni tra i risultati, si nota come sino a pochi anni fa sono tra il 3 e il 15% i giovani ragazzi ad aspirare per i 30 anni a una posizione professionale nell'ITC, mentre solamente tra l'1 e il 3% le ragazze aspirano a questo tipo di occupazione. L'Italia, come riportato, non raggiunge il 3.
(Fonte: https://eurogender.eige.europa.eu/)
E’ attestato un marcato divario tra le ragazze e i ragazzi che decidono di iscriversi all’ambito universitario STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Significativo è inoltre il fatto che le posizioni manageriali risultino occupate appunto da una alta percentuale di uomini.
In occasione della quarta edizione dello Startup Italia Open Summit svoltasi a Milano lo scorso Dicembre, i dati narrano ancora di questo divario, sebbene la notizia positiva è che si sta assistendo a una crescita della componente femminile in queste materie rispetto agli anni precedenti. Come mostra il grafico riportato sotto dal 2004 al 2018 la tendenza è in aumento e risultati in termini di voti segnala l'eccellenza femminile rispetto ai colleghi. La notizia negativa è che sempre da questi studi si rivela però che sono più uomini a trovare occupazione rispetto alle donne.
Queste rilevazioni sono significative per due ordini di ragioni: la prima ci permette di tracciare uno scenario delle tendenze, mostrando quali sono ancora i nodi problematici e i gap su cui lavorare e intraprendere politiche e strategie per trovare risposte a come risolverli. La seconda ragione è che lo stesso trend, sempre più oculato e diffuso, a intraprendere questo tipo di indagini statistiche dimostra la crescente sensibilizzazione della società rispetto a queste problematiche.
In ultimo citiamo Ada Lovelace, matematica inglese e mente pionieristica nell’informatica, figlia del noto poeta Byron, vissuta nell’ottocento a Londra. Oltre a esser considerata tra le prime a scrivere un algoritmo per la macchina analitica ideata dal marito Babbage, algoritmo a cui lo stesso Turing si ispirò, intuì le enormi potenzialità e il ruolo che i calcolatori avrebbero avuto nel futuro. In un articolo da lei scritto emerge la piena consapevolezza che la macchina analitica era una macchina programmabile e avrebbe potuto non fermarsi a fare semplici operazioni algebriche.
Purtroppo, si è dovuto aspettare fino a pochi decenni fa perché il suo nome comparisse nelle enciclopedie, nella storia della rivoluzione informatica e della computer science, a cui fu tra le prime ad aprirne la strada, che le diede ragione.